La diagnosi è clinica, ma esistono dei criteri classificativi che possono supportare la diagnosi (ACR 1990):
- età ≥50 anni
- cefalea di recente insorgenza
- dolorabilità alla palpazione/ingrossamento/ridotta pulsatilità dell’arteria temporale
- VES >50 mm/h
- esame bioptico arteria positivo per vasculite (infiltrato prevalentemente mononucleato/flogosi granulomatosa con cellule giganti multinucleate)
La dimostrazione dell’impegno arterioso di diverse arterie, oltre a quelle che irrorano il cranio, ci è stata data negli ultimi anni da indagini strumentali quali la risonanza magnetica, l’ecografia ed infine la PET-TC. In almeno il 15% dei pazienti sono interessate le arterie ascellari/succlavie e/o l’arco aortico, e meno frequentemente le arterie degli arti inferiori. L’interessamento di quest’ultimo distretto è meno studiato in quanto spesso il coinvolgimento delle arterie degli arti inferiori decorre per un lungo periodo asintomatico. I pazienti con pregressa storia di polimialgia reumatica hanno un rischio aumentato di due volte e mezzo di andare incontro ad arteriopatia obiliterante degli arti inferiori; a questo punto è legittimo il dubbio se attribuire questo a un processo aterosclerotico o bensì ad una vasculite subclinica che con il tempo ha esitato in lesioni arteriose stenotiche con conseguente mancata irrorazione dei tessuti.
Studi recenti hanno mostrato che vi sono diversi sottogruppi di malattia. I pazienti con una arterite delle arterie temporali con i classici sintomi (cefalea intensa, dolore a masticare), hanno con più frequenza un coinvolgimento oculare, mentre coloro che presentano un interessamento di altri rami dell’aorta quali le succlavie, hanno con meno frequenza un coinvolgimento dell’occhio; in questi pazienti la biopsia dell’arteria temporale risulta più frequentemente negativa.
Studi sul tipo e diversità dell’infiltrato infiammatorio nei pazienti hanno documentato una maggiore presenza di cellule giganti (cellule con più nuclei) nei pazienti con complicanze visive rispetto agli altri.
Attualmente disponiamo di metodiche strumentali che ci consentono di apprezzare l’infiammazione della parete arteriosa; queste sono estremamente utili sia nella diagnosi della malattia sia nel definire l’estensione di quest’ultima. L’interessamento di alcuni vasi rispetto ad altri comporta un diverso comportamento clinico della malattia e pertanto queste metodiche sono anche utili nel prevedere l’evoluzione della malattia stessa, permettendo pertanto anche una valutazione prognostica. Le metodiche per immagine utilizzabili sono la risonanza magnetica, l’ecografia e la PET-TC; l’angiografia è stata soppiantata dalle prime tre metodiche ed è riservata solo a casi selezionati.
L’ecografia in questi ultimi anni ha mostrato essere una metodica discretamente sensibile e molto specifica nel dimostrare l’infiammazione della parete arteriosa dei grandi vasi, in particolare nell’arterite gigantocellulare, dove il processo infiammatorio è iperacuto; vi è un ispessimento della parete vasale che all’ecografia appare come un alone nero periarterioso distribuito in modo omogeneo lungo tutto il vaso. Questa malattia determina tipicamente una infiammazione di alcuni tratti della parete arteriosa risparmiandone altri, in altre parole vi sono dei tratti in cui la parete è normale alternati ad altri che presentano infiammazione. La possibilità di studiare con l’ecografo lunghi tratti dell’arteria permette di individuare il tratto infiammato e di indirizzare una eventuale biopsia che, se fatta alla cieca, potrebbe risultare falsamente negativa nel caso venisse biopticata una zona dell’arteria risparmiata dalla malattia.
In conclusione, l’ecografia ci consente di supportare la diagnosi di malattia, studiare più arterie quale la temporale, l’ascellare, la femorale, la poplitea, permettendoci di determinare l’estensione della malattia e il possibile comportamento clinico di questa, aiutandoci pertanto a formulare una prognosi.
Non tutte le arterie sono però ben esplorabili con l’ecografo; le arterie difficilmente raggiungibili con l’ecografia, come l’aorta toracica, le mesenteriche ecc, possono essere studiate con la risonanza e ancor meglio, con la PET-TC.
Con la risonanza si può apprezzare lo spessore del vaso interessato, che genera un segnale che aumenta dopo la somministrazione di mezzo di contrasto (gadolinio); in questo modo si è in grado di apprezzare l’infiammazione della parete anche dell’arteria temporale quando si utilizza una macchina di risonanza ad alto campo (3 Tesla). La PET-TC ha una sensibilità lievemente maggiore della risonanza. Questo esame ha il vantaggio di associare la TAC alla PET. La prima è una metodica che ci fornisce delle immagini (indagine morfologica), la seconda, invece, è una metodica che rileva l’intensità di utilizzo del glucosio (indagine funzionale).
Maggiore è l’attivazione e la moltiplicazione cellulare e maggiore è il consumo di glucosio, un tessuto infiammato è ricco di cellule attive, pertanto, è individuato con la PET che, abbinata alla TAC, ci permette di localizzare il tessuto infiammato. Per la sua caratteristica mentre la PET ha un’ottima sensibilità nel rilevare l’infiammazione a carico dell’aorta dei suoi rami collaterali e delle arterie degli arti superiori e degli arti inferiori non è in grado di rilevare l’infiammazione a livello delle arterie temporali poiché vicine al cervello che, come noto, ha un elevato consumo di glucosio.
Queste metodiche hanno consentito di dimostrare che l’arterite gigantocellulare non è limitata alle arterie extracraniche, ma può coinvolgere tutti i vasi arteriosi di grande calibro, anche se quelli maggiormente colpiti sono quelli che originano dall’arco dell’aorta che sono quelli che irrorano il cranio e gli arti superiori.
L’arterite gigantocellulare è una malattia che inizia generalmente acutamente e che risponde velocemente alla terapia steroidea, terapia che è in grado di risolvere i sintomi nel giro di pochissimi giorni. Il paziente, spesso estremamente sofferente, diventa completamente asintomatico in brevissimo tempo. Tipicamente gli indici di flogosi, in particolare la PCR, proteina che aumenta nella infiammazione, torna nei valori normali dopo circa una settimana.